L’Istituto Suor Orsola Benincasa ha la sua sede storica nella cittadella monastica arroccata alle pendici del monte Sant’Elmo, affacciata sulla città e sul golfo di Napoli in una posizione che domina in modo inaspettato un panorama magnifico.
Il luogo è quello che era stato scelto nel 1582 da una bizzoca, della quale l’Istituto porta il nome, che decise di ritirarsi a vivere con la sua famiglia seguendo un ritmo di vita monastico.
La giovane Orsola era una donna che non aveva nessuna cultura e nessuna vera formazione spirituale, caratterizzata da quella religiosità profetica e visionaria così diffusa nel mondo devozionale femminile nella prima metà del Cinquecento. Quando però la mistica napoletana iniziò a manifestare la sua connotazione estatica il clima religioso era completamente cambiato: la Chiesa della Controriforma non consentiva più la crescita di figure carismatiche laiche e indipendenti dalla sua gestione. Ebbe inizio dunque un processo di normalizzazione della sua spiritualità che raggiunse il momento più alto durante il suo viaggio a Roma, dove si era recata per trasmettere al papa un messaggio divino sulla riforma della cristianità. Dopo un lungo esame affidato ad un gruppo di alti prelati e alla direzione spirituale di Filippo Neri e poi attraverso il costante controllo degli oratoriani e poi dei teatini, il libero ritiro dei Benincasa venne trasformato in una Congregazione semireligiosa istituzionalizzata alla quale fu in seguito affiancato un monastero di rigida clausura, così alieno dall’ispirazione originaria dell’estatica napoletana, ma integrato nella politica della Chiesa trionfante del 600.
La vita di queste due comunità religiose e l’amministrazione delle monache è finita nel 1862 quando, all’indomani dell’unificazione nazionale e in seguito alle leggi sulla soppressione dei monasteri, iniziò la trasformazione in un Ritiro laico ed educativo che venne riconosciuto con un decreto regio del 14 agosto 1870.
Nel 1891 giunse, come ispettrice nominata dalla regina Margherita, Adelaide del Balzo Pignatelli principessa di Strongoli, che era stata la sua dama di corte e si era dedicata con passione alle opere di beneficenza e allo studio della pedagogia. In soli dieci anni ella seppe trasformare questo piccolo educandato in un Istituto con un complesso progetto educativo che aveva lo scopo di fare evolvere l’educazione femminile in modo moderno, seguendo le allieve dall’infanzia alla formazione superiore. Nel 1894 le scuole elementari dell’Istituto ottenevano il pareggiamento con quelle statali e l’anno successivo iniziarono i corsi del Magistero che, con il R.D. del 15 maggio 1901, fu il primo in Italia ad essere pareggiato come università. Alle allieve venivano insegnate, seguendo un percorso innovativo, discipline non solo umanistiche ma anche scientifiche, artistiche e tecniche che le preparassero ad un consapevole inserimento nella società contemporanea.
Accanto alla principessa lavorò Maria Antonietta Pagliara, una pedagogista che si dedicò con passione al suo ruolo di direttrice arrivando a donare all’Istituto, nel 1947, la raffinata collezione del fratello Rocco: un inestimabile patrimonio di quadri, stampe, oggetti d’arte e documenti che testimoniano uno spaccato importante della vita culturale italiana di fine Ottocento e che è stato riunito nell’Archivio e nella Fondazione a lui intitolata.
Nell’organizzazione dei corsi del Magistero la Pignatelli si avvalse in pieno dell’autonomia concessale dallo Statuto che, approvato con R.D. del 15 maggio 1898, era stato modificato il 10 luglio 1901: veniva autorizzata la creazione di un curricolo scolastico e universitario integrale, si cambiava la denominazione da “Ritiro” a “Istituto” e si istituiva una Commissione Amministrativa di cinque membri (presidente, direttrice e tre esperti di nomina ministeriale). Una norma transitoria stabiliva però che il governo del nuovo ente sarebbe rimasto nelle mani uniche della principessa fino a che lei avesse confermato l’impegno da lei assunto il 20 aprile 1901 di “sovvenire l’Istituto con i suoi beni personali e con la sua opera in caso di bisogno”.
Questo le consentì di avviare un sistema di incarichi annuali che portò nel corpo docente del Magistero i migliori studiosi delle università napoletane e dei licei cittadini, oltre agli esponenti di prestigiose istituzioni culturali. Nell’organico dei docenti nel primo ventennio di attività figurano infatti i nomi dell’italianista Nicola Zingarelli, dello storico dell’arte Adolfo Venturi, dello storico Giuseppe De Blasiis, del vulcanologo e geologo Giuseppe Mercalli, di Marussia Bakunin Ogliarolo che insegnò Chimica e del filosofo Giovanni Gentile che insegnò Pedagogia generale al Magistero a partire dal 1902.
Questa gestione e l’autonomia della Governatrice misero al riparo l’Istituto anche dalle contaminazioni del periodo fascista: al di là dell’obbligatoria attivazione di alcuni insegnamenti come quello dell’Educazione razziale, infatti, il Suor Orsola rimase una zona franca della cultura italiana, nella quale gli echi della dittatura rimasero attutiti dalla sua tradizione di libertà. Furono gli anni in cui, anche dopo la morte della Pignatelli avvenuta nel 1932, arrivarono nella ex cittadella monastica personaggi del calibro di Adolfo Omodeo, Nicola Abbagnano, Antonio Aliotta ed Ernesto Pontieri.
Alla fine della guerra entrò nel Consiglio di Amministrazione un altro personaggio illustre della cultura italiana. Benedetto Croce, presente nelle scelte di indirizzo dell’Istituto fino alla morte nel 1952, inaugurò una salda consuetudine con la famiglia che continuò attraverso la presenza della moglie fino al 1964 e che è proseguita fino ai nostri giorni in cui l’Ente Morale, dal quale dipende l’intera complessa struttura che è oggi il Suor Orsola, è stato presieduto da Silvia Croce fino alla Sua scomparsa. Alla Direzione e Presidenza del Consiglio di amministrazione Le è succeduto Piero Craveri, professore emerito e già Preside della Facoltà di Lettere dell’Università.